“Dio è uno che ci sa fare e, quando ti pianta un
Trebilie in cima a un monte, fuori dal mondo, compensa la
faccenda con delle cose che non si trovano neanche a
Parigi: un cielo da perderci dentro gli occhi tanto è azzurro
e profondo, un’aria fina che va su e giù per il piloro come
un filo di seta e mette un appetito da leoni…”. Così Giovannino
Guareschi, il “papà” di Don Camillo e Peppone, descrive un
paesino sperduto, quel “Trebilie” che nella realtà è il borgo di
Trepalle, frazione di Livigno a 2.200 metri di altitudine,
l’abitato più alto d’Italia e secondo in Europa. Un piccolo
paradiso in terra, come giustamente viene dipinto da Guareschi.
Ma la bellezza e particolarità del luogo non sono gli unici aspetti di
cui lo scrittore si innamorò e che volle narrare: la figura di Don Camillo
ricalca perfettamente quella dello storico e amatissimo parroco di
Trepalle, don Alessandro Parenti. Giovannino Guareschi giunse in
visita a Trepalle nell’estate del 1948 e qui conobbe don Alessandro,
parroco dal carattere forte, a tratti scorbutico, ma dal cuore grande
e dall’infinita passione verso questo sperduto paese di montagna e
i suoi abitanti. Arrivato a Trepalle nel 1929, don Alessandro trovò
qui una situazione di estrema povertà; vivere a questa altitudine
ai quei tempi era difficilissimo, e il don fece tutto il possibile
(e anche ciò che sembrava impossibile) per aiutare i propri parrocchiani.
Le sue imprese, il suo carattere burbero e deciso, hanno consegnato
don Alessandro alla storia e alla memoria non solo degli abitanti di
Trepalle, ma del mondo intero…